La leggenda di una processione mortuaria, che si svolge la notte precedente alla commemorazione dei defunti, è molto diffusa in Sicilia così come in diverse zone del meridione. Varie le leggende, le motivazioni e gli esisti finali di questo rito ma comune il denominatore: la convinzione che almeno una volta l’anno i defunti ritornino tra i vivi a rigenerare il ciclo della vita, rendendosi addirittura visibili. Il fattore visibilità non è affatto un accessorio di poco conto. Rendere visibile è garanzia di autenticità, di verità ma è comunque un sovvertimento all’ordine giornaliero. Non a caso vedere la processione dei morti non è un bene, la tradizione avverte che le sfere dei vivi e dei morti non devono entrare in contatto diretto, si correrebbe un grave pericolo. Anche a Castelbuono si credeva in questo annuale ritorno la notte dell’1 Novembre: avvolta nel segreto delle tenebre, la processione, percorreva alcune strade del paese (secondo la versione della signora Giuseppa Mancuso: scendeva per i Cappuccini, Sant?Agostino, San Francesco, Rua Fera, Piazza Margherita) per arrivare alla Matrice Vecchia. Qui, un campanaru muortu suona u campanuni di muorti e annunzia la Messa. Chi tra il popolo, destato nel sonno, avesse confuso quel suono con quello della normale Celebrazione e si fosse diretto in chiesa si sarebbe ritrovato tra i morti e avrebbe potuto passare dei guai[1]. La messa è officiata da sacerdoti defunti: i viicchi da matrici[2]. Terminata la celebrazione, i morti risalivano verso i Cappuccini salendo pà strata ranna (via Livolsi) o pa strata longa (via Vittorio Emanuele). La signora Giuseppa aggiungeva ? un sacciu si però, di quant?avi ca livaru i viicchi a matrici?si fa ancora!? come a dire che la garanzia del rito fossero quei corpi mummificati da cui l’anima non si era mai distaccata per essere eternamente a servizio della comunità. Una comunità che può essere eterna solo in una prospettiva della morte che non disgrega il tessuto e l’ordine sociale ma lo trasla in un mondo parallelo. Proprio in momenti di liminari o di frizione, che come ci insegna l’antropologia possono essere dovuti ai cicli di produzione (quindi annuali) o a momenti particolari (quindi occasionali), le sottili porte fra i due mondi paralleli si aprono offrendo la possibilità di un contatto: la società dei morti, che segue regole della società vivente, torna in questo mondo per qualche frangente di tempo in maniera estremamente ritualizzata (una processione). Testimonianza di questo legame tra il vissuto e l’aldilà è l’ordine che le anime prendono in processione: il tipo di morte, le azioni compiute in vita, i ruoli sociali li definiscono anche nell’altro mondo. Riporto una variante (a mio avviso una delle più affascinanti fin ora apprese a Castelbuono) nella versione integrale per consentire un maggiore riscontro a quanto finora detto:
u primu è l?ancilu rappresentanti ca porta a cruci avanti avanti
cu muriu cu patimentu