“Al tuo fianco Marcello”. Dopo aver letto questa frase, incredulo, ho stropicciato gli occhi per capire se avessi visto bene. Si tratta di una grande scritta che campeggia in mezzo ad un’intera pagina del Corriere della Sera, con messaggi di solidarietà da amici e colleghi per Marcello Dell’Utri. Ex senatore della Repubblica e fondatore del partito Forza Italia, Dell’Utri è stato condannato a 7 anni ed è attualmente detenuto a Parma, per concorso esterno in associazione mafiosa. Per prenderlo è stata necessaria un’estradizione dal Libano, dove si era rifugiato a dire di qualcuno per un affare di compravendita di cedri, per qualcun altro per seguire la campagna elettorale libanese, per gli italiani non scemi per fuggire alla legge. Ma adesso è in galera dove merita di stare. Mi piace immaginarlo lì, dietro le sbarre, a leggere i suoi libri. Dalla gloria della platea del popolo della libertà, sotto l’abbraccio dell’amico di sempre Silvio Berlusconi, osannato dalla gente quale vittima dei giudici, passa alla mesta solitudine di una cella. La pagina del Corriere a lui dedicata è un’idea della moglie, nel vano tentativo di risollevargli in morale. Ma non dimentichiamoci che Dell’Utri è un mafioso e un criminale. I giudici hanno accertato che ha intrattenuto rapporti continuativi con dei mafiosi, favorendone l’operato. Nel leggere quei messaggi, dovrebbe scaturire la stessa identica reazione di un’ipotetica pagina di messaggi di vicinanza e cordoglio, all’interno del principale quotidiano nazionale, per un mafioso che ha organizzato dei furti, o ha gestito la raccolta del pizzo, oppure ha pilotato una gara d’appalto. Non reagiamo allo stesso modo, con lo stesso sconcerto, perché Dell’Utri ha una storia di personaggio di prim’ordine della politica italiana. Poco dopo la sua esperienza calcistica, alla fine degli anni ’50, come presidente della palermitana Bagicalupo, ha preso parte alla grande ascesa economica berlusconiana a Milano, divenendo un amico e fido consigliere del cavaliere. Il passo alla dirigenza di Publitalia e Mediaset è stato breve. Lì ha lasciato il segno, convincendo l’amico Silvio a fidarsi pienamente di lui, tanto da servirsene in campo politico erigendolo a padrino della neonata Forza Italia e poi, in tempi più recenti, dei circoli della libertà. Tra i tanti messaggi pubblicati sulla pagina del Corriere, a rivendicare la stima e la vicinanza intatta, riporto quello della storica segretaria personale Ines: “oltre 30 anni di lavoro vissuti fianco a fianco, la stima e l’affetto aumentano quotidianamente, andiamo avanti”. La mia stima e il mio affetto, invece, tendono a diminuire sempre di più, se mai fosse possibile andar più in basso di così. Se ne avessi le forze, comprerei anch’io una pagina del Corriere per raccogliere alcuni dei messaggi di solidarietà che riceve ogni giorno chi è stato vittima della mafia, perché ha avuto un parente rimasto ucciso in una strage o perché è vittima del racket, o vive sotto la pressione mafiosa. Oppure, se fossi un giornalista del Corriere pubblicherei tutta l’inchiesta sul processo Dell’Utri nella pagina di fianco a quella a lui dedicata. E in uno specchietto laterale, inserirei il suo excursus con la giustizia italiana: Su 9 procedimenti 2 volte è stato assolto in cassazione (tentata estorsione e calunnia aggravata), 1 volta ha patteggiato (fatture false e frode fiscale); ha poi subito una condanna definitiva a 7 anni di reclusione (concorso esterno in associazione mafiosa), 1 altra condanna a 8 mesi in appello (abusivismo), oltre a due procedimenti in cui è rinviato a giudizio (Trattativa tra Stato e mafia e P3) e infine in altri 2 le indagini sono ancora in corso (estorsione e tangente). Così, per non dimenticare.
Grazie per l’attenzione. Appuntamento alla prossima settimana.
“Oltre Fiumara. Rubrica settimanale che apre uno spiraglio tra le cinta murarie del borgo, per far passare qualche notizia fuori dal comune.”