Ci sono le quinte superiori, quelle che per tradizione vanno in gita all’estero e poi fanno l’esame di maturità, e ci sono le quinte diminuite, in musica, che i chitarristi rock sconoscono bene. C’è la quinta malattia, tra quelle esantematiche nei piccoletti, e poi ci sono le sane quinte teatrali: elementi scenici che delimitano un palcoscenico nei due sensi laterali. Elementi, per capirci, a destra e a sinistra di quella cornice ideale entro la quale “succedono le cose che contano”. La famigerata espressione – “dietro le quinte”, da cui il titolo di questo episodio – si riferisce a questo: al magico mondo del teatro (non pensate a Le Fontanelle) e non alle altre opzioni suddette.
Ciò avviene perché gli attori, prima di risultare visibili sul palco, si trovano generalmente “dietro le quinte” insieme ad altri artefici della macchina teatrale, e lì si presuppone accada qualcosa di vero (non recitato), fondamentale e soprattutto ignoto ai più. Si capisce che l’importanza delle quinte teatrali non è quindi nel loro valore “strutturale”, ingegneristico o architettonico (continuate a non pensare a Le Fontanelle se ce la fate, né agli arch. Monaco o all’acerrimo comitato che ne ha osteggiato il progetto), ma semplicemente nel loro valore metaforico.
[PUBBLICITA’ PROGRESSO. A proposito di osteggiare: è chiaro a tutti che negli ultimi anni a Castelbuono è diventato impossibile. Per dire: qualche settimana fa non ho potuto farne a meno e mi sono trovato ad osteggiare la Scuola Media, alla Madonna del Palmento, per darvi un’idea. Oltre ai residenti, orde di turisti vorrebbero ogni settimana osteggiare e spesso non ci riescono, perché non sanno verso dove o chi indirizzarsi. Speriamo che l’amministrazione ventura intervenga].
In politica il dietro le quinte è praticamente tutto. A parlarvi della rappresentazione sul palco sono buoni quasi tutti, ma per raccontarvi di cosa accade nell’oblio dietro il sipario ci sono solo Gli Insindacabili. Ad esempio: ok, Marione Cicerone è candidato da sempre e per sempre. Ma sapevate che – ad un certo punto – Dario Shock Guarcello ha alzato il ditino ed ha avuto l’ardire di lanciare il proprio nome nell’agone? Da Mario a Dario pensava, e che cambia? Solo l’iniziale! Con sfumature diverse, ma del resto simile è l’ossatura keynesiana sullo street food come cardine dello sviluppo economico locale. Secondo tale teoria, a differenza di quanto affermava quel bacchettone idrofilo di Anassimandro, l’àpeiron è l’aperol. Non capendo invece che Mario – noto astemio – ha una veduta molto più lucida e ampia sul tema. Comunque, Dario Shock si alza e propone di inserire all’ordine del giorno la propria candidatura a sindaco come punto da discutere nel corso del direttivo. Lì per lì un po’ di sorpresa tra gli astanti, forse qualche silente apprezzamento per il coraggio da parte di alcuni e qualche disappunto per la lesa maestà da altri. Ok, ma poi com’è finita? Niente, hanno fatto finta di dimenticare di trattare il punto, evitando di tornare sulla cosa e scongiurando imbarazzi di vario tipo. E Dario non ha protestato né risollevato l’argomento. Fine della storia. Giuro.

E #addrabbanna? A voler fare dietrologia quintesca, intorno alla Ricostituente c’è stato un fisiologico turbinio, un vorticoso frullare di nomi, cose e città, che con l’annuncio della candidatura della Proff si è in parte placato. Noi l’avevamo scritto mesi fa della Professoressa Kangelosi, perché le altre piste non ci convincevano più di tanto: Gianfrix no, eravamo certi che non se la sarebbe sentita, nonostante potesse essere un nome potenzialmente di più ampia convergenza. E più o meno così anche per il quasi omonimo Raimondi, il Nicola. Oh, pare che si sia sondata anche la disponibilità di Peppinello e di altri notabili… E a forza di “niet”, a quel punto Laprof non si è poteva tirare indietro, lasciando sguarnito il progetto, specie in sede di confronto con i potenziali alleati PDiri e Tummy. Questi invece, sornioni, anche senza ypsini in prima linea volevano ancora concertare. Ed un concerto, secondo Tummy, non può che prevedere sé stesso come front-man. Per il PDiri invece il sindaco è un germoglio democratico, con le “rose di nomi” da far sbocciare insieme. Ma mentre i strateghi attendono la primavera, altri sono pronti a raccogliere i frutti.
[PUBBLICITA’ PROGRESSO. Lettura consigliata: Oltre il giardino, J. Kosinski]
Tant’è che poi, per non dire che non avevano nessuno, hanno sostenuto di poter candidare nientepopodimenoche Vincenzo Capuana, segretario dalle braghe corte e le basette lunghe, e lì il tavolo ha tremato davvero. Al ché Tummy ha risposto che lui – se per questo – aveva pronta la carta dell’avv. Maiorana. Artiglieria pesante al confine.
Per cui: riusciranno a convergere tutti insieme, più o meno appassionatamente? La fronda soviet (il Kannitzar, per esempio) non transige, mentre un’ampia ala più moderata spera ancora nell’accordo, con ambasciate e appelli su Facebook, intuendo l’importanza che ciò determina nel pallottoliere elettorale. Che brutta cosa la politica; pensate a LucBarrè: bravo caruso, grande studioso, insuperato chitarrista, immolatosi nella nobile causa del rinnovamento politico locale con la Ricostituente. E adesso? Invischiato in noiose riunioni di tattica, quasi mai concludenti, con alcuni volti nuovi ma altrettanti volponi intorno, e con il suocero – tumminiano – ad oggi dall’altra parte del palcoscenico. La partita è ancora apertissima, nonostante qualcuno ci tenga a far sembrare cosa fatta. “Lo spettacolo – come diceva Piero Peluche – deve ancora cominciare” e chissà a chi toccherà farsi il selfie da consegnare alle stories nelle pareti del consiglio comunale.
Tutto il contrario dell’agire dietro le quinte è la volontà di apparire. E non si capisce com’è che alcuni, tronfi, ritengano di recare vantaggio facendosi vedere accanto al proprio/a pupillo/a.
Sipario.
Gli Insindacabili, la IV stagione.
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