“Ecosofie”
Sottotitolo: “Tutto si tiene”
Manifesto
A partire dall’equivalenza baconiana tra sapere e potere, l’uomo si è mosso con la prospettiva prometeica di dominio sul mondo come se il mondo fosse niente di più che lo spazio vitale, il “lebensraum” della nostra azione dominatrice e trasformatrice, come se i fiumi, le montagne, gli animali, gli alberi fossero messi lì apposta per il nostro divertimento o il nostro risiko economico. Fortunatamente, ma solo da poco, ci siamo accorti che i deserti, le aree degradate, le isole di plastica nell’oceano stanno diventando talmente grandi da non potere più essere ignorate.
La coscienza ecologica cresce ogni giorno di più e anche gli stati e gli organismi sovranazionali hanno cominciato a prendere coscienza del problema. Si pensi alle conferenze sul clima di Kyoto, Rio de Janeiro, Copenaghen e in ultimo Parigi.
Oggi tutti parlano di ambiente, di sostenibilità, di ecologia e tutti si sbracciano a declamare soluzioni, stracciandosi le vesti per non esser stati abbastanza rapidi nel fare le cose che si sarebbero dovute fare. Ma queste buone intenzioni, quasi mai si traducono in agire concreto, anzi sovente rimangono nient’altro che un modo nemmeno tanto nascosto di “addobbare la vetrina” (windows dressing) o di dipingere di verde (greenwashing) per far sembrare le politiche degli stati e l’agire delle imprese ecocompatibili, per poi continuare a fare come prima. Dunque, nient’altro che un’operazione di cosmesi per coprire rughe, oppure una mantellina pulita che si appende sulle spalle con gli spilli per coprire lordure impresentabili. Ecco perché un festival delle eco(filo)sofie. Per potere dare fiducia alla rivoluzione culturale contenuta nella lettera enciclica di papa Francesco e per suonare la sveglia al Club dei politici che vanno alle conferenze mondiali sul clima, che si fanno le foto di gruppo per apparire davanti ai loro elettori come buoni padri di famiglia con dichiarazioni e promesse che purtroppo solo di rado si trasformano in impegni concreti.
Nomos e cosmos devono ripartire da un nuovo punto di osservazione del mondo, non possono essere ancora pensati come cacciatore e preda. L’uomo deve fare un passo indietro e togliere se stesso dal primo piano come in certi ritratti rinascimentali in cui la figura è al centro del quadro e la natura appare, come in uno sfondo, a corredo, pacata, distante, quasi insignificante.
“Non c’è ecologia senza una adeguata antropologia” (Laudato sì – Francesco, p.118). l’ecologico è sempre legato al sociale, all’umano, al culturale, motivo per cui occorre quel che il papa denomina ecologia integrale. Tutto si tiene dunque. Il mondo visto da Papa Francesco è interconnesso, perché tutto viene incluso in una reticolare dipendenza reciproca. Secondo Francesco, l’uomo ha smarrito il senso delle cose, perché per divinizzare se medesimo ha scomposto le cose per dominarle, così smarrendo lo spirito del tutto. La ricerca spasmodica del profitto non produce solo
danni alla natura a causa delle esternalità negative sul suolo, sull’aria e sull’acqua, ma produce anche povertà e distruzione, produce guerra per l’accaparramento delle risorse e conseguenti migrazioni con tutto il carico di sofferenza che queste comportano (ibidem 82,92).
Secondo il filosofo Jonas, la terra appartiene, così come nel tempo si è configurata, non solo a noi che viviamo oggi, ma anche alle generazioni che verranno. Questo significa anche che le future generazioni hanno il diritto non solo di potere vivere una vita autentica, ma di reinterpretare il senso e il modo del vivere secondo una loro visione delle cose. Non esiste un modo unico di interpretare e di trasformare la realtà. La nostra epoca è governata dalla tecnica e dal consumismo. Dentro questo modello, ogni giorno anche grazie alla pubblicità, siamo spinti a fare le stesse cose, a mangiare e a vestire secondo una logica di emulazione dei simboli che ci vengono imposti dell’industria culturale dominante.