Riceviamo e pubblichiamo un articolo di Ylenia Ignatti, studentessa universitaria a Modena e volontaria in questi tragici giorni nei territori del terremoto, scritto per gli amici lettori di Castelbuono.Org.
20 Maggio 2012, ore 04.03.53. Paura. Sono passate già più di due settimane da quella Domenica notte, quando il pavimento ha iniziato a vibrare e con questo le finestre, gli armadi, le credenze ed i cuori di chi sa bene che quando arriva ??lui non bussa mica??, scortesemente non chiede permesso. Attendiamo attaccate alla parete portante della nostra abitazione (che ha circa duecento anni di vita) come se fosse una madre improvvisata, fatta di calcestruzzo e pietra. Scendiamo giù e ci sembra che in Piazza Grande sia pomeriggio, un pomeriggio fatto di passanti in ciabatte e occhi sbarrati. Le linee telefoniche non funzionano ed io mi chiedo sempre perché quando il telefonino diventa oggetto utile, non va. E? l?i-phone della mia coinquilina faentina che ci ??comunica?? che la terra ha ballato ed anche forte! Magnitudo 5.9, epicentro nella bassa modenese. L?unica cosa che sappiamo, dopo qualche ora, è che il terremoto ha ucciso. Ha ucciso Nicola Cavicchi e Leonardo Ansaloni, rimasti schiacciati sotto le travi della fabbrica ??Ceramiche Sant?Agostino?? mentre terminavano il turno di notte, Tarik Naouch rimasto schiacciato sotto l?Ursa di Bondeno, Gerardo Cesaro travolto dalle macerie nella fonderia di alluminio Tecopress e Nevina Baldoni, 103 anni, colpita dai calcinacci mentre cercava di scappare dal casolare in cui viveva. Inizia l?angoscia incontrollabile, capiamo però che non si può stare fermi (e che non riusciamo a stare fermi) ed allora decidiamo di raggiungere i nostri compagni che già nella notte si erano precipitati a Camposanto (uno dei paesi più colpiti) per dare una mano. Dopo avere sistemato le brande per la notte iniziano ad arrivare i primi sfollati, uomini, donne, bambini, anziani? arrivano in silenzio, un silenzio composto e mai visto in situazioni drammatiche come queste, silenzio civile e commovente. Mentre i medici volontari visitano la gente, i ragazzi intrattengono i bambini che, forse, pensano che dormire lì faccia parte di un gioco di squadra, un gioco in cui finalmente non esistono più discriminatori sociali e religiosi, tutti insieme: neri, mulatti, bianchi, musulmani, cattolici e atei sotto lo stesso tetto a condividere le stesse paure. La notte passa in modo alternato tra un sobbalzo ed un altro e subito è alba. Intere abitazioni collassate, edifici pubblici, monumenti e soprattutto capannoni industriali. E? questo lo scenario surreale di quella parte dell?Emilia messa in ginocchio. E? vero che le forze della natura sono indomabili ma è anche vero che spesso la tragedia si può evitare, perché il lavoratore schiacciato da un?intera struttura che non resiste per nulla, che non è stata costruita con criteri antisismici (o riadeguata alle nuove normative di materia antisismica) è un lavoratore che è stato ucciso dalla negligenza, dalla disattenzione, da chi preferisce contenere le spese (anche di costruzione) piuttosto che evitare la morte. Così come fino a pochi giorni fa alcuni pensavano di creare, su per giù nei pressi dell?epicentro, un deposito di gas (a Rivara) che ??era stato giudicato realizzabile dall?Erg anche sulla base di una relazione del Dipartimento di scienze geologiche dell?Università di Catania??, in sintesi una bomba pronta ad esplodere sotto il nostro sedere, progetto sostenuto a spada tratta dall?onorevole Carlo Giovanardi. L?Emilia, lo sappiamo, è una terra ricca soprattutto perché gli emiliani sono un popolo coraggioso. Resti sbigottito quando all?indomani del terremoto vedi la gente che ha voglia sfrenata di tornare a lavoro, di riaprire le attività, il panificio, il bar? gli emiliani non li ferma nessuno, non si piegano e tengono botta! Le scosse continuano, i morti sono ventiquattro, tanti feriti e tantissimi gli sfollati. Poi ci siamo noi, gli impauriti che hanno deciso di restare, convinti che l?Emilia si rialzerà!
Ylenia Ignatti