[ILCONFRONTO] Da qualche settimana serpeggia un malcontento per la decisione dei tre parroci di non accompagnare pi? il feretro fino al cimitero.
Dobbiamo evitare che impulsi emotivi sfocino in assurde prese di posizione che sono lontanissime dal silenzio che avvolge il mistero della morte. Di fronte alla morte le nostre labbra restano mute.
Soltanto gli stolti moltiplicano le parole, sia in chiesa come altrove. Per quanto grande sia la nostra fede, di fronte al mistero della morte si ripropongono per tutti, e non solo per i credenti, i fondamentali interrogativi della nostra esistenza terrena.
Di fronte a questo mistero il silenzio ? l?atteggiamento pi? saggio. Un silenzio che soltanto la parola di Dio ? degna di rompere. A noi restano soltanto i gesti della solidariet? nel dolore; soprattutto i gesti della speranza cristiana. Nella celebrazione cristiana della morte, dell?esodo da questa vita, sono soprattutto i gesti che contano e che possono veramente ?parlare?. Del resto ? proprio questo il linguaggio fondamentale della liturgia (cf SC 7).
Questo ? il compito della ministerialit? sia ordinata che laica.
Non si tratta semplicemente di eseguire un rituale, ma di far sperimentare la presenza del Risorto. La celebrazione liturgica, del resto, non fa altro che esprimere e alimentare quella che ? la missione di ogni cristiano in tutte le circostanze della sua vita: testimoniare la presenza di Cristo risorto. Testimonianza che nella celebrazione cristiana della morte diventa urgente e fondamentale. (don Silvano Sirboni)
Il funerale cristiano non ? una semplice ?cerimonia? di civili condoglianze, n? a una vaga sacralizzazione della morte. ? la professione di fede in una comunione che continua oltre il tempo e lo spazio.
?? vero che c?? sempre, nella morte, una separazione, ma i cristiani, membri come sono di Cristo e una sola cosa in lui, non possono essere separati neppure dalla morte? (Rito delle esequie 10).
Questa comunione ? in qualche modo resa visibile proprio dal rituale delle esequie che, nella sua forma tipica, prevede ?tre stazioni o soste: nella casa del defunto, in chiesa, al cimitero? (RE 4).
Con lungimiranza pastorale e consapevolezza teologica le premesse al rito gi? 40 anni fa scrivevano: ?Le esequie senza la messa possono essere celebrate dal diacono. Se la necessit? pastorale lo esige, la Conferenza Episcopale pu?, con il consenso della Sede Apostolica, designare anche un laico. In mancanza del sacerdote o del diacono, ? bene che nelle esequie del primo tipo [cio? con tre soste: nella casa del defunto, in chiesa e al cimitero] le stazioni nella casa del defunto e al cimitero siano guidate da laici; la stessa cosa in genere ? bene fare per la veglia nella casa del defunto? (RE 19).
Come gi? avviene in alcuni paesi dell?Europa e dell?America Latina, i laici saranno sempre pi? chiamati ad esercitare il loro sacerdozio battesimale anche per questa liturgia che pone l?ultimo sigillo della fede sulla vita terrena dei fedeli (cf P.Tomatis, Ministeri nel lutto in La Vita in Cristo e nella Chiesa, n. 9/2009, pp. 46-48) (don Silvano Sirboni).
? sempre pi? raro che il ministro ordinato possa accompagnare il feretro al cimitero. La sepoltura o tumulazione avviene purtroppo nel totale silenzio, rotto, forse, da qualche singhiozzo. Si tratta invece di un momento dalle forti emozioni che la parola di Dio e la preghiera dovrebbero illuminare.
Fatta eccezione per la benedizione del sepolcro, anche un laico, con gli opportuni adattamenti, pu? dirigere in questo momento la preghiera che prevede la professione di fede (se non si ? gi? fatta in chiesa), preghiera dei fedeli o altre invocazioni e orazioni adatte alla circostanza.
Anche se questo momento di preghiera pu? essere diretto da un familiare, sembra imporsi l?esigenza dei cosiddetti ?ministri della consolazione? che a nome della comunit? cristiana accompagnino il fratello defunto insieme ai familiari ed esprimano poi la preghiera della comunit? locale presso il sepolcro. (don Silvano Sirboni)