[MADONIENEWS – G.Spallino – 3/6/08] Quali denominazioni ha assunto nel tempo Castelbuono? E quali sono le fonti più antiche che ne testimoniano l?esistenza? Orazio Cancila, ordinario di Storia moderna nell?Università di Palermo, si interroga, in un saggio dal titolo ?Da Sichro a Castrum Bonum. Alle origini di un borgo medievale? pubblicato nel numero di aprile della rivista ?Mediterranea. Ricerche Storiche?, sulle origini del suo paese natio.
Castelbuono prende il nome da un castello costruito nel XIV secolo a difesa di un casale, Sichro, le cui origini si perdono nel tempo: di sicuro c?è la derivazione greca del toponimo, avvalorata dal rinvenimento di reperti archeologici. In età normanna Sichro appartenne inizialmente alla Contessa Adelaide del Vasto, moglie del Gran Conte Ruggero, che attorno al 1100 ne fece dono all?angioino Ugo de Craon. Fu così che i Craon si istallarono a Geraci e sulle Madonie. Allo scopo di rendere più compatto il nucleo centrale della signoria, Ugo nel 1105 cedette all?abate di Lipari Ambrogio 10 villani con tutto ciò che gli apparteneva nel casale di Sichro. Il diploma del 1105, pubblicato dal White nel 1938, è il più antico documento in cui compare il nome Sichro per indicare il casale da cui, due secoli dopo, avrà origine Castelbuono.
Nel 1157 di Sichro si parla come Plinga. In seguito all?erezione di patti e di Lipari in un unico vescovato, il nuovo vescovo Gilberto volle definire meglio i confini tra il territorio di Plinga e quello di Pollina, che dipendeva dal vescovo di Cefalù, Bosone, con il quale si era aperta una controversia.
Di Sichro si perdono completamente le tracce sino al 1271. È molto probabile che il casale, che intanto era stato fortificato con la costruzione di un castrum (castello, fortezza), fosse stato incorporato dai Ventimiglia signori di Geraci, perché nel 1271 Carlo I d?Angiò lo concesse a Simone de Monfort unitamente a una parte dei beni confiscati a Enrico Ventimiglia. È da presumere quindi che anche Sichro facesse parte dei beni confiscati a Enrico e che già a quel tempo il casale non rientrasse più nella disponibilità del vescovo di Patti. Mentre la terra di Isigro (talvolta nelle fonti è usato anche Ipsigro) viene concessa dal sovrano angioino a Gerard de Albi. «C?è da chiedersi se ci troviamo di fronte a un condominio, con Gerard de Albi, concessionario della terra, cioè dell?abitato e del suo territorio, da un parte, e Simone de Monfort (e poi la Curia) del castrum».
Nel 1282 il re Pietro III d?Aragona, giunto in Sicilia dopo lo scoppio della rivolta antiangioina del Vespro, ordinava agli abitanti di Ypsigro (ormai il toponimo Ypsigro si afferma definitivamente) di riunirsi in assemblea per eleggere due sindaci che si recassero a prestargli il giuramento di omaggio e fedeltà. Nel 1291, a quasi dieci anni dal Vespro, la contea di Geraci, e quindi anche Ypsigro, era ancora retta da un giustiziere regio, a dimostrazione che Enrico Ventimiglia non fu subito reintegrato nel possesso. Intanto continuava la guerra angioino-aragonese e la vittoria finale degli Angiò appariva inevitabile ed Enrico sembra si affrettasse a chiedere legittimazione a Carlo II d?Angiò. Re Carlo autorizzava così Enrico a dividere tutti i beni feudali fra tutti i suoi figli e lo nominò comes Yscle maioris et Giracii. A Enrico Ventimiglia successe il nipote Francesco, il quale nel 1316 costrinse il vescovo di Patti a cedergli il poggio o colle San Pietro di Ipsicro. Nello stesso anno Francesco avviò la costruzione di un castello, il castrum Belvidiri de Ypsigro. L?avvio dei lavori di costruzione del castello dovette richiamare a Ypsigro numerosi lavoratori, soprattutto dai vicini casali della vallata, che presto si spopolarono a vantaggio di Castrum bonum.
Giuseppe Spallino
– 3 giugno 2008 –