La Bella Politica

Ricordando Auschwitz e i gulag staliniani, le tragedie del Novecento, la Storia che riprende il cammino e scava altre divisioni. Fino all?evento-simbolo della seconda metà del secolo scorso. Il crollo del Muro di Berlino. La fine della Guerra Fredda, del comunismo e della più bieca contrapposizione ideologica. Quel tempo è finito, ed è  un bene;  ha liberato dalle gabbie energie, fermenti, nuove culture libertarie quali  l?ambientalismo, il femminismo, la non violenza. Da qui nasce il bisogno di unire, la necessità di andare insieme dalla stessa parte, la volontà di condividere il dolore e la felicità. Si proprio la felicità, una parola tabù della sinistra perchè al massimo si può essere sereni a sinistra. Una strategia che cerca la sintesi tra saggezza e rischio, realismo e sogno, ragione e sentimento. Calcolo ponderato e appeal emozionale. La politica che vuole dare risoluzione ai problemi senza perdere il calore morbido degli ideali. Ma la luce di una visione collettiva perfetta per restituire senso e fiducia nel futuro lascia in ombra delle zone. Le periferie, forse, è per periferie oggi si intende oltre il luogo fisico delle città metropolitane anche il precario, l?immigrato, tante donne e tanti bambini cui viene calpestata la dignità di essere umano in una società clericale che predica bene ma che razzola male.
Quali i miti?  Dall ?I have a dream? di Martin Luther King, dalla scelta della non violenza di Gandhi, alla battaglia di libertà di Nelson Mandela, passando per il Grande Politico Giovanni Paolo II ed Enrico Berlinguer. La politica come vocazione ed impegno, coraggio e sfida. Per tenere insieme i fili della vita associata e far coesistere il principio di universalità con quello di differenza. Torniamo sempre lì, all?audacia della speranza di Barack Obama, l?idolo dei democrats americani. Il sogno per il domani che si costruisce nella fatica del quotidiano. E? la politica che vola alto ma scende a valle. Popolare, certo, nel senso che mette al centro le persone, ?put the people first?. ?Siamo tutti legati, siamo una sola persona e ciò che capita a ciascuno dei miei cittadini, mi riguarda? (W. Veltroni): sembrerebbe quasi il Manifesto del Sindaco Perfetto. E? la politica che sa parlare a tutti, perché offre idee, solidarietà, sostegno. Un destino, uno scopo comune. Come durante la Resistenza, ?quando una generazione ? racconta Vittorio Foa – non si lasciò vivere?. E? la politica in cui conta essere, non apparire. ?Arte regia? e tecnica di governo non gran varietà di sondaggi, formule vuote, marketing di plastica.  La politica è lenta, appare in affanno ma non lo è, se si considera  la maschera dei suoi travestimenti e dei suoi trasformismi. E? la fatica e la dolcezza di trovare le parole giuste nel momento della difficoltà estrema. Come Enrico Berlinguer, durante quell?ultimo comizio a Padova. Uomini politici, come  i leader comunista e quelli diccì, che non si potevano non stimare ?perché credevano in ciò che dicevano?. Avevano il pensiero lungo. Ora al massimo il naso è lungo. La politica può cambiare l?inaccettabile, vincere la fame, la malattia, l?ignoranza,  le emergenze del Terzo Millennio. E? la sfida con cui si misura il progressismo e il riformismo, la ?bella politica? che pianta alberi, colora la vita di opportunità ed insieme si nutre di programmi e dà risposte concrete. Ritrovare la passione e riscoprire la bellezza dell?impegno, l?idealismo inclusivo e pragmatico di un nuovo vecchio modo di fare politica. La politica deve avere i piedi per terra ma muoversi a tempo di utopia. Quell?utopia che serve per continuare a cercare l?orizzonte dove andare. Ad oggi, il Partito Democratico. Così, tanto per cercare quello che non c?è, ma che ci sarà.