“La demenza dei bagnanti e di un paese senza memoria.”

Il numero odierno di OltreFiumara parla di demenza.
Un gruppo di vacanzieri cinesi nota in spiaggia un delfino in difficoltà perché ha subito delle gravi ferite ed è sanguinante. Buon senso suggerirebbe di soccorrerlo, chiamare qualcuno, fare qualcosa per salvargli la vita. E invece, incredibile ma vero, lo prendono in braccio per fare delle foto. Dopo una mezz’oretta l’animale è morto dissanguato. Secondo alcune versioni sono stati gli stessi bagnanti ad averlo investito con una barca e quindi causato le gravi ferite, ciò aggraverebbe ancora di più la loro posizione. Ho voluto pubblicare la foto scattata con i sorrisi sulle labbra da questi beceri turisti perché possa essere chiaro quanto fossero convinti di quello che stavano facendo, tutto questo per la gioia di avere una foto ricordo curiosa da postare sui social network. Bisogna essere profondamente dementi per non avere un minimo rispetto per la vita, per non capire che si sta giocando con le sorti di un essere vivente, di un animale stupendo che è l’emblema della bellezza della natura.
Rimanendo sul tema, volevo sottolineare quanto successo negli ultimi giorni ad un dei migliori servitori dello Stato italiano degli ultimi tempi. Mi riferisco ad Antonio Ingroia. Prima della discesa in politica e prima di essere amaramente trombato dal CSM, Ingroia ha fatto una lunga carriera nella procura antimafia palermitana. A lui bisogna intestare tanti processi importantissimi contro superboss mafiosi, e sulle connivenze tra Stato e mafia. Ha vissuto decenni in situazione di assoluto pericolo per la propria vita e per quella dei suoi familiari, continuamente sottoposto a minacce di morte, in un clima irrespirabile, perché protagonista di una lotta totale, senza guardare in faccia nessuno, con la profonda convinzione di poter debellare il fenomeno mafioso grazie al lavoro di tutti, magistratura e società civile in primis. Da giovanissimo magistrato fu lanciato da Falcone nei processi antimafia e poi seguito nei primi passi della sua lunga carriera da Borsellino. Da loro ha imparato l’imparzialità e la convizione e dedizione nel portare avanti il proprio lavoro. Mi spiace che i cittadini italiani non ricordino (altrimenti avrebbero quantomeno gridato allo scandalo) gli anni in cui le procura antimafia siciliane hanno messo a dura prova la stabilità di Cosa Nostra con l’arresto dei super latitanti Provenzano, Lo Piccolo, Nicchi e sequestrato beni e averi di enorme valore alle famiglie mafiose. Ingoria ha vissuto da protagonista quella stagione. Ancor di più, si è speso per riportare le attenzioni sulla trattativa Stato-mafia, che era state sempre tenuta opportunamente nel silenzio, e di tutte quelle situazioni in cui la mafia veniva in qualche modo in contatto con lo Stato. Come succede praticamente sempre, fin quando si lotta il male per eccellenza, il mafioso da clichè cinematografico, la società innalza il magistrato di turno ad eroe nazionale, quando poi per la naturale conseguenza del lavoro svolto le indagini coinvolgono il mondo della politica e dell’affarismo, si scatena quel sistema perverso, che molti chiamano “macchina del fango”, che porta a screditare quello che era considerato eroe, fino ad ucciderlo fisicamente o professionalmente. Succede che Ingroia scende sul territorio politico perché ha la velleità di proporre un progetto in difesa della Costituzione e si mette in aspetattiva. Se giusto o sbagliato non saprei. Fatto sta che il progetto non va in porto e ritornando a voler fare il magistrato nel territorio più “caldo”, nella procura da cui veniva, sembra che ciò non sia più possibile per conflitto di attribuzione (tanto per avere un’idea: Anna Finocchiaro è un magistrato in aspettativa da più di 25 anni). Così il CSM gli propone la procura di Aosta, dove non si avrebbe conflitto di attribuzione, strano visto che Ingroia era candidato nelle liste torinesi, sotto cui ricadeva il territorio aostano. E questa è l’ennesima prova che il sistema lo ha punito approfittando della parentesi politica, perchè in verità si voleva tenere lontano Ingroia dalle indagini sulla trattativa Stato-mafia. Su quello che era il suo più grande sogno e il più grande incubo per tanti altri. Ci sono riusciti per l’ennesima volta. Per di più, dopo il coinvolgimento della Presidenza della Repubblica nelle indagini, anche la sinistra si è messa contro il magistrato, seppur quando indagava su Dell’Utri lo ergeva a paladino della giustizia. Per un servitore dello Stato con un’esperienza del genere, per la caratura del personaggio in questione, sarebbe stato opportuno attribuirgli un ruolo nella Procura Nazionale Antimafia e invece ad oggi il suo operato è stato completamente dimenticato, viene continuamente diffamato dai politici e dal CSM che lo vede in testa a un corpuscolo di magistrati sovversivi ed è definitivamente fuori dal mondo della magistratura. Di lui, il nostro bel paese manterrà solo il ricordo dell’imitazione di Crozza. Peccato.
Alla settimana prossima.

?Oltre Fiumara ? Rubrica settimanale che apre uno spiraglio tra le cinta murarie del borgo, per far passare qualche notizia fuori dal comune.?