La fama lievitata.

Il Villaggio ha fama.
Ma anche, il Villaggio affama.
La simpatica assonanza dà vita a un curioso doppio senso, prettamente alimentare.
Il villaggio ha un nome (anche se mi sono preso la briga di non citarlo mai in questa rubrica). E ha pure una nomea, nel senso “buono”.
Mi spiego, vi spiego.
Tempo fa, quando mi presentavo al forestiero citando la mia provenienza, le risposte erano più o meno “riconoscenti”. Oggi constato che il Villaggio cresce in popolarità e gente che prima sconosceva, ora conosce. E conosce con piacere.
“Come no! Il paese dei panettoni”. Risposta classica.

“Il paese dei panettoni.” Detta così, la cosa può sembrare pure un’offesa. A volte infatti faccio il tonto e mi offendo, per capriccio.
Il “culo a panettone” può rivelarsi peculiarità gradita al pubblico maschile. “Panettone!” può essere anche una sentenza che etichetta un comportamento poco incline a lealtà e a principi di correttezza. Ma il significato che sta dietro “il paese dei panettoni”, com’è noto, è un altro ed è legato al boom dell’azienda dolciaria (che ho la bontà di non citare) che più di tutto, e tutti, trascina l’economia del luogo.
Ora, il fatto che sia il panettone il “simbolo” del Villaggio, può far storcere il naso a qualcuno (alzi la mano, anzi, clicchi col destro, chi non storce il naso) e non perché l’odore non sia buono, anzi. Col passare del tempo si rischia di diventare “il paese dei mannetti”, grazie alla strategica scelta dell’azienda di buttarla sulla manna, o di buttare su (sul panettone) la manna. E meno male che l’azienda non si butterà mai sui piselli surgelati.
Visto l’eco e la risonanza e con le elezioni alle porte, propongo che il costituendo Partito Democratico del villaggio si presenti alle amministrative con una lista appetibile: “La lista Panettone” con i canditi al posto dei candidati.
D’altronde dall’Ulivo all’Uvetta il passo è breve.