Di questo maledetto virus, che da oltre 10 mesi ha sconvolto la vita nel nostro pianeta, potremmo andare a scoprire una faccia meno cattiva? Magari smentendo il vecchio proverbio: “facci di mali culuri, o bbirbanti o tradituri”.
Siamo vicini al Natale, il cuore e la mente sono più propensi a ricercare cose buone e belle che possano allentare un po’ le tensioni quotidiane, mentre importanti istituti internazionali di statistica segnalano che il 97% delle letterine a Babbo Natale quest’anno chiedono solo un piccolo cofanetto familiare di vaccino anticovid… visto che per il vaccino antinfluenzale non ci sono più speranzucce …che non sono le figliole di un noto Ministro della Repubblica.
E allora vogliamo parlare dell’”altra faccia” del virus e di qualche esperienza nuova fatta nei mesi di privazioni forzate?
Ritorniamo ai momenti dell’obbligo di stare chiusi in casa nel famigerato lockdown: era sbocciata la primavera e il nostro sfogo per gli arresti domiciliari era la terrazza di casa, soprattutto per chi non poteva godere della preziosa, indiscussa presenza affettiva di cani e gatti. Nella terrazza ci siamo meravigliati per i fiori di ibiscus e di glicine appena sbocciati o per il ciuffo di nuove foglie nel vaso della cicas. E poi la scoperta della famiglia di uccellini che si poggiavano sulla ringhiera. Abbiamo cercato di avviare una predica di benvenuto alla stregua di San Francesco, ma quelli ci hanno fatto capire subito di essere affamati, mettendosi in fila, ben distanziati, aspettando il proprio turno per la briciola di pane, che peraltro arrivava tempestivamente. Anche noi abbiamo imparato a fare le file all’esterno, col sole, vento o pioggia, ma le nostre attese all’ufficio postale non sono state mai sotto i tre quarti d’ora! Noi ce ne andavamo arrabbiati e invece i nostri ospiti pennuti ci lasciavano con riconoscenza cinguettando melodie deliziose. Poi, man mano che la situazione si è un po’ normalizzata, si è scappati in campagna appena possibile, all’aria aperta, fuggendo dai luoghi chiusi e virulenti oppure nel parco di quartiere al posto della movida contagiosa del centro città : per gli umani c’è stata una vera e propria riconciliazione con la natura e si è finalmente trovato il tempo per ammirarne i colori e le varietà delle forme di vita e di sopravvivenza, riscoprendo meraviglie del mondo animale e vegetale che i ritmi della fretta ci avevano fatto dimenticare.
Certo, il virus ha messo a nudo la vulnerabilità del nostro corpo, che credevamo superprotetto dalle conquiste in ambito farmacologico e sanitario, grazie anche agli incredibili sviluppi in campo tecnologico: presa coscienza di questa imprevista fragilità, qualcuno si è fatto prendere dalla paura mentre una larga fetta di umanità ha reagito cercando vie di sbocco nel terzo settore, quello del volontariato. E così molti hanno sentito il bisogno di far parte di comunità assistenziali, tipo Caritas, Croce Rossa, associazioni varie che in tali frangenti hanno implementato attività di sostegno e di soccorso per i più bisognosi, di ordine materiale ma anche psicologico attraverso il telefono e i social media: insomma si sono attivate catene di solidarietà di grande efficacia che fanno onore alle popolazioni dei territori.
A tutto ciò si sono aggiunte tante nuove esperienze, come la ricerca di vecchi amici o compagni di studi, dimenticati da anni con i quali fare “una rimpatriata a distanza”, la rivalutazione del piccolo negozio sotto casa, il massiccio uso dei sistemi di comunicazione digitale all’insegna di “una vita da remoto”, la riscoperta del turismo di prossimità e il maggior utilizzo delle seconde case, ben lontane dal caos delle città.
Poi c’è chi ha trovato distrazione sbirciando nei balconi o terrazzi del palazzo limitrofo ove belle signore a braccia e gambe nude facevano ginnastica in tute ben attillate: magra consolazione perché la vera, macroscopica e diffusa “nudità” è emersa dalle tante diseguaglianze sociali, dalla profonda crisi economica e occupazionale, dalle annose carenze strutturali del sistema Italia. “Una ruota quadrata che non gira…” così inizia il 54° Rapporto Censis sulla situazione sociale in Italia, presentato a inizio dicembre, che a viso aperto denuncia: “l’epidemia ha squarciato il velo e… il re è nudo!”.
Ecco l’altra faccia del Covid-19: l’aver messo a nudo i limiti di un mondo basato su un’economia globalizzata, orientata ad aggredire la natura e a produrre un massiccio squilibrio dell’ecosistema, di cui i cambiamenti climatici sono devastante conseguenza.
Ora perciò che il virus sembra in dissolvenza e ritorna la pace nei cuori e nelle menti tocca a tutti noi, giovani e vecchi, politici, economisti, dirigenti istituzionali e privati, imprenditori, ricercatori e giù di lì fino al più comune cittadino, ritrovare quello spirito di ricostruzione e di riscatto per un sistema riformato di welfare sociale, ben immunizzato dagli errori di un passato prossimo. A meno che non saremo distratti dai tanti soldi che da Bruxelles dovrebbero piovere sui cieli del bel Paese…
Roma, 9 dicembre 2020 Sandro Morici