Vi proponiamo l’intervista all’artista castelbuonese Vara Carollo curata da casa Tanguy, blog che si occupa di arte contemporanea, con un occhio di riguardo per giovani artisti emergenti. L’artista attualmente è in mostra a Castelbuono presso PUTIA Sicilian Creativity con il progetto “Il peso dell’anima”, di cui abbiamo dato notizia in occasione del vernissage. L’esposizione sarà visitabile fino al 30 ottobre.
Chi è Vera Carollo?
Chi è Vera Carollo?… ecco come un misto di panico ed entusiasmo inceppa la mente di una dislessica poliedrica. Dopo giorni trascorsi a pensare a come rispondere a questa domanda, facendo riunioni continue nel mio cervello, ascoltando sentimenti e parti di me e accogliendone tesi e proposte, ho deciso di risolvere questo tamponamento a catena con una frase del Genio della Lampada di Aladin, della Walt Disney, che spesso amareggiato diceva: “Grandi poteri cosmici, in un minuscolo spazio vitale”.
Cosa rappresenti nelle tue opere?
Nelle illustrazioni e in alcune opere grafiche e pittoriche gli scenari quasi onirici nascono e si propongono delicatamente tra pittura e collage, ricoperti da un velo di romanticismo che accoglie gli aspetti più teneri e fragili dell’umano (che rimane sempre il tema prevalente nei miei lavori), anche nei suoi sovradimensionamenti o nei punti di vista più inusuali o metaforici.
Nei ritratti e nelle sculture, misuro il peso dell’anima, indagando l’identità, vista come costruzione esperienziale, come risultato di processi di vita e di morte, denudando e denunciando impietosamente la condizione di una spiritualità privata di linfa e alla deriva da se stessa. Lasciando a volte percepire una crisi d’identità, analizzata ed esteriorizzata per proporre possibili processi di salvazione, gli stessi processi interiori di riscatto e purificazione.
Che stato d’animo hai quando le realizzi?
Mi sento a casa. Tutti i miei sentimenti e le caratteristiche più intime della mia persona trovano il loro canale, il loro posto nel mondo e mutano e si trasformano e trasformano. Tra flussi, riflussi e pensieri tormentati, l’unica espressione possibile è quella: l’arte, la catarsi. La creazione, la riflessione, l’interpretazione, mettono radici dentro di me permettendomi di osservarmi dall’esterno.
L’arte si insinua nel dolore e nella mancanza e, riempendola, la annulla. Ma di fatto si tratta pur sempre di un rito, il creare, in cui l’artista stesso è anche o soprattutto un tramite, un traduttore, una spugna, un essere quasi in trance ma lucidamente attento: un canale. E tale mi sento.
Che domande credi si possa porre il fruitore dinnanzi ad esse?
Mi è sempre piaciuto molto scoprire, durante le mostre o quando qualcuno viveva le mie creazioni, che sentimenti provavano, pensieri, vedere quanto si svelava o meno ciò che avevo sintetizzato in forma o linea e quanto io stessa non ne avevo ancora considerato o esplicitato a me stessa. Mi auguro sempre comunque che il fruitore si senta accarezzato, toccato da qualcosa che anima o accende o consola.
Che tipo di arricchimento potrebbero dare in un ordinario contesto abitabile?
Frammenti di posti magici, quasi come sogni ma familiari , fatti di sfumature e simboli, pensieri, sentimenti universali dove l’uomo è sempre al centro, immerso o in rapporto col suo contesto, proponendosi delicatamente o con forza in un piacevole “mondo sospeso”.