Medici, vigili impiegati gli uffici affidati agli eterni precari

Un lungo articolo di Antonio Fraschilla per Repubblica Palermo racconta il mondo del precariato nella pubblica amministrazione siciliana. Un passaggio non indifferente anche sulla situazione castelbuonese – che vi evidenziamo in grassetto –

TEMPORANEO, incerto, provvisorio. È la definizione che il vocabolario Zingarelli dà alla voce “precario”, ed è a persone etichettate come temporanee, incerte e provvisorie che la pubblica amministrazione affida la gestione di uffici delicatissimi. Per anni indicati come uno «spreco clientelare», oggi la montagna di precari che lavorano in ospedali, Comuni e Regione, un bacino che conta almeno 30 mila persone, gestisce servizi essenziali. Spesso sono molto di più dei dipendenti di ruolo: figura, quest’ ultima, da tempo in via d’ estinzione, con gli ultimi concorsi fatti almeno sedici anni fa. Accade così che oggi il pronto soccorso del Policlinico di Palermo sia portato avanti in gran parte da medici “a tempo”,o che personale non di ruolo curi tutti i settori turistici di Comuni che vivono di turismo. A Bolognetta in servizio sono rimasti appena nove dipendenti a tempo indeterminato, mentre alla Regione i servizi che si occupano di rifiuti e acque pubbliche, rami in perenne emergenza, sono gestiti solo da dipendenti “provvisori”. I NUMERI del precariato nelle amministrazioni pubbliche siciliane sono impressionanti. Soltanto nei Comuni ci sono ben 18.497 contratti a tempo (spesa per la Regione pari a 241 milioni di euro), ai quali si aggiungono 6 mila Asu (che costano circa 60 milioni di euro). Alla Regione sono almeno mille i precari, mentre nelle aziende sanitarie, fra medici e amministrativi, sono altri quattromila. In diversi rami della pubblica amministrazione si stanno poi creando le condizioni per creare altro precariato. Ad esempio, nel settore dei vigili del fuoco, con il boom di “distaccamenti volontari”. IL RECORD DI BOLOGNETTA Soltanto in provincia di Palermo i precari nei Comuni sono oltre duemila. Gli enti locali che ne hanno il maggior numero sono Corleone (103), Partinico (259), Terrasini (103), Carini (107), Caccamo (81) e Monreale (87). «Cifre che esistono nel resto d’ Italia», dice Mario Basile della Fp-Cgil. Ma se si rapporta il numero dei precari a quello dei dipendenti di ruolo, il record è quello di Bolognetta: qui i dipendenti sono rimasti in nove e i precari sono ventisei. Il triplo. Non c’ è da sorprendersi se al Comune tutti gli uffici sono retti da personale in perenne scadenza. «Senza i precari potremmo chiudere e temo per il futuro, perché il prossimo anno andrà in pensione anche il custode del cimitero e io non so come sostituirlo», dice il sindaco Antonino Tutone, attorniato in ufficio da ex articolisti. Nella stanza accanto alla sua lavora all’ Economato Angela Pecoraro: «Siamo in due, una collega di ruolo e io – dice – se si assenta una, l’ altra rimane da sola. Questo è un ufficio importante per un Comune piccolo come il nostro, perché tutti i pagamenti, da quelli per gli stipendi ai fornitori, passano da qui. Mio marito è un interinale del Coinres, siamo insomma una famiglia precaria». Angela lavora qui da vent’ anni, così come Rosamaria Assiria, da 24 anni dipendente comunale a tempo. «Lavoro al servizio scolastico, siamo in quattro, di cui tre precari – dice – ho 48 anni, la metà trascorsi qui con contratti rinnovati di anno in anno». Le pratiche per il condono edilizio sono affidate, chiaramente, a un precario: «Insieme con un collega portiamo avanti il settore dell’ edilizia privata, e io da solo devo gestire 1.200 pratiche di sanatorie edilizie – dice Pietro Graziano – da 23 anni sono precario e con il mio solo stipendio è impossibile portare avanti una famiglia». Il sindaco di Bolognetta allarga le braccia. Non può assumere nessuno, perché rischia di sforare il patto di stabilità: «La verità è che in passato si poteva stabilizzare questo personale, ma le vecchie amministrazioni non lo hanno fatto, e non capisco perché». «Preferiscono tenerci al guinzaglio, polli da batteria per l’ elezione di turno», sbotta un precario. LE PRECARIE DI VALDERICE Uno dei paesi simbolo di come il precariato sia oggi l’ anima dell’ amministrazione è certamente Valderice, in provincia di Trapani. Qui al Comune ci sono ben quattro tipologie di persone che lavorano con contratti a tempo determinato da quasi vent’ anni: nel dettaglio, ci sono 31 contrattisti “ex articolo 23”, 30 Asu e poi 40 ex lsu e una trentina di altri lavoratori con forme di assegno quasi sociale. In totale 130 precari, che affiancano i 90 dipendenti di ruolo. In gran parte si tratta di impiegate, e tra i sindacati le chiamano «le battagliere donne di Valderice». Il risultato di anni senza concorsi è che adesso interi rami dell’ amministrazione sono in mano a personale che da anni aspetta di essere stabilizzato. «Gestisco l’ ufficio legale insieme a una mia collega avvocato, anche lei precaria – racconta Cettina Barone – seguiamo tutte le cause: da quelle per i rimborsi per incidenti stradali all’ abusivismo edilizio. Con poco più di 600 euro netti al mese, insomma, mandiamo avanti il servizio, con un notevole risparmio per l’ amministrazione. Non ce la facciamo più a sentirci dire che siamo parassiti». A Valderice quasi tutti gli uffici del Comune che hanno a che fare direttamente con i cittadini sono composti da precari che, di fatto, diventano l’ unica interfaccia dell’ amministrazione con l’ esterno: l’ ufficio tributi è retto quasi per intero da precari, nella polizia municipale ci sono cinque precari e sei vigili di ruolo. Gli asili nido sono tenuti da insegnanti a tempo. Quasi da record è la situazione di Castelbuono: qui i precari sono 113 e il personale di ruolo è ridotto ad appena 40 persone. «Il risultato è che un Comune che vive in gran parte di turismo affida i servizi legati a questo settore a noi precari», dice Luciana Oddo, quarant’ anni e da venti con contrattini a tempo. Nel paese madonita, se un turista visita il museo comunale, trova solo precari. Se lo stesso turista vuole andare a vedere il castello normanno immortalato anche nel film di Tornatore “Nuovo cinema Paradiso”, ad accoglierlo troverà precari. Stesso discorso se proverà a chiedere un’ indicazione a qualche vigile urbano: al 99 per cento si troverà davanti un precario che non guadagna più di 600 euro al mese. Sì, perché i caschi bianchi qui sono undici, dieci precari e soltanto uno di ruolo, un vero highlander del posto fisso. «Ormai la pubblica amministrazione è precaria, un’ emergenza che va affrontata», dice Michele Palazzotto della Fp-Cgil. IL PRONTO SOCCORSO “A TEMPO” Un settore dove i precari si contano a migliaia è certamente quello della Sanità. I medici a tempo sono circa duemila, un dato in costante calo, visto che dal 2011 è stato dato il via una serie di concorsi per stabilizzare questo personale. Ma per alcuni camici bianchi, nonostante il superamento del tanto atteso concorso, la chiamata in ruolo non è ancora arrivata. Risultato? «Rimaniamo precari», racconta una delle dottoresse del pronto soccorso del Policlinico di Palermo: qui chiunque si presenti per un soccorso si troverà di fronte quasi certamente un medico a tempo. In questo reparto, su ventiquattro medici in servizio, sedici sono in attesa di stabilizzazione. Il che significa non solo non poter vantare alcuna anzianità di servizio, ma nemmeno poter chiedere un trasferimento in un reparto più tranquillo. Notoriamente il pronto soccorso, per lo stress che implica,è una tappa di passaggio,e negli ospedali c’ è un grande ricambio di personale: al Policlinico da oltre dieci anni ci sono invece sempre gli stessi medici che attendono di essere assunti. «La verità è che i figli di papà, i rampolli dei baroni universitari o dei politici, non ci vogliono venire, preferiscono essere inquadrati in settori più tranquilli», racconta un camice bianco che non vuole dire il nome perché teme azioni disciplinari da parte della direzione. «Lavoro qui da dodici anni sempre con contratti rinnovati all’ inizio di mese in mese, adesso di anno in anno, ma la sostanza cambia poco», racconta un altro medico. «Questoè un lavoro usurante, specie in un reparto del genere – aggiunge un collega – subiamo aggressioni e minacce quasi ogni giorno, eppure non possiamo chiedere nulla all’ amministrazione perché siamo precari ed è già tanto se continuiamo a lavorare». Sul fronte amministrativo, nelle aziende sanitariee ospedaliere rimangono ben 2.324 ex lsu con contratto a tempo determinato. Entrando in via Cusmano, sede dell’ Asp di Palermo, non c’ è ufficio che non abbia precari. «Tutti i Centri unici di prenotazione sono retti da personale precario», dice Sergio Corona della Cgil, anche lui assunto con contratto a termine. Nell’ ufficio provveditorato, che bandisce appalti milionari, a gestire le procedure sono spesso precari con alta professionalità e plurilaureati, che però hanno uno stipendio di fascia bassa, con una qualifica per la quale basta la terza media. «Attendiamo la stabilizzazione da anni, ci sono colleghi che sono già nonni», continua Corona. LA REGIONE PRECARIZZATA Anche nel regno per eccellenza dei dipendenti pubblici di Sicilia, cioè la Regione, che da sola dà lavoro direttamente a 17 mila persone e indirettamente ad altri 80 mila, ci sono uffici chiave retti solo da precari. Personale spesso altamente qualificato di cui la Regione ha bisogno. Se n’ è avuta una dimostrazione recente all’ assessorato Territorio e ambiente: qui fino a dicembre l’ ufficio delicatissimo delle Autorizzazioni integrate ambientali, dal quale devono passare tutte le imprese che vogliono ampliare l’ attività o aprire i battenti in Sicilia, è stato portato avanti da una quarantina di chimici, biologie ingegneri precari. Dal 1° gennaio sono stati tutti rimandati a casa, visto che non poteva essere rinnovato il loro contratto. Risultato? In questi quattro mesi le pratiche in attesa di una riposta, che erano già diverse centinaia, hanno continuato a crescere. La Regione per sostituire questi precari ha inviato in via La Malfa una dozzina di architetti, che non hanno le competenze per poter vagliare domande di autorizzazione ambientale. Lavoreranno invece fino a dicembre i 233 precari del dipartimento Acque e rifiuti, una delle strutture più importanti della Regione, considerando che si tratta di settori in perenne emergenza. «Gestiamo le pratiche che riguardano commissariamenti di Comuni, Ato rifiuti, bonifiche ambientali, gestione della differenziata e controlli – dice Ignazio Gottuso – lavoriamo qui dal 2004 e abbiamo contratti rinnovati di anno in anno. Non abbiamo diritto ad alcuno scatto di anzianità, ma essendo altamente specializzati non possono fare a meno di noi. Spesso per le emergenze rifiuti nominano consulenti esterni, che però istruiamo noi. A tutti ricordo, sempre, che non siamo stati assunti per chiamata diretta, ma abbiamo superato un concorso nel 2001: un concorso per rimanere precari». I VIGILI DEL FUOCO “VOLONTARI” C’ è poi un settore nel quale si rischia di alimentare nuovo precariato. Ed è quello dei vigili del fuoco, dove stanno proliferando i cosiddetti “distaccamenti volontari”: nati negli anni Ottanta per chi nel tempo libero voleva fare un servizio utile alla collettività, oggi si stanno trasformando i nuovi bacini di disoccupati che presto chiederanno di essere assunti. In provincia di Palermoi distaccamenti sono quattro (Prizzi, Carini, Camporeale e Villafrati) con trenta volontari per ogni sito. La proposta appena fatta ai sindacati da parte del comando dei vigili del fuoco è quella di arrivare ad almeno 50 volontari per distaccamento. Numeri, questi, che si sommano a 1.300 stagionali che vengono chiamati periodicamente per venti giorni una o due volte all’ anno. «Siamo contrari alla precarizzazione del controllo e della tutela di interi territori – dice Nicola Pesca, coordinatore provinciale Cgil dei vigili del fuoco – ed è ancora più singolare che si voglia aumentare il numero di volontari. Noi chiediamo assunzioni stabili e trasparenti». Ma questo comporta chiarezza in un mondo che invece negli anni è diventato un mercato: quello dei precari di Stato.
ANTONIO FRASCHILLA