Ci scrive una gentilissima e stimata lettrice per proporci una nuova rubrica. Lo fa con una lunga email, con una scrittura zeppa di immagini e occasioni di riflessione. Ci propone una rubrica “pungente”, già nelle intenzioni iniziali e nel nome, che ci incuriosisce e ci causa impazienza. Vi limitiamo la presentazione ad una parte della mail ricevuta.
Secondo voi, potevamo rifiutare?
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Firmerei con uno pseudonimo, già coniato e che in calce propongo al tuo giudizio, per il vezzo un po’ naif di indossare la maschera dell’amico Vitangelo Moscarda, di crogiolarmi del cruccio altrui di non poter abbinare alle mie parole una figura da oltraggiare. Quanto mi diverte l’idea!
Nulla a che vedere col dilagare pavido del falso nomignolo, dietro cui inveire curtiglietti sospinti solo da interessi dell’amico o agognate prebende (che scopro oggi esondare nel nostro amato, sic!).
Ti propongo uno spazio ricorrente – ma non chiedermi puntualità e costanza! – di volta in volta vario, libero, e spero? pungente: lo ZAMBAGLIONE, eccolo! Te lo sottopongo poco dopo aver tentato di schiacciare l’ennesimo insetto infestante che mi irrita più della calura. La sua puntura, il prurito che genera, mi ha dato evidenza della carenza oggi di un simile tafano, per la gioia dei governanti; ed eccomi qui.
Non avrei, come sai, alcun colore nel mio incedere, disposta a strigliare opposizione al pari della giunta senza distinzione di sorta o di amicizia o preferenza.
Lo ZAMBAGLIONE – tu queste cose le insegni – è il mio neologismo per coniugare “zanzara” ad altro: l’immago del patio in gioventù con la mia nonna, della sorsata di un uovo zucchero e un dito di marsala (mi sovviene l’odore della campagna!). Lo zabaione mi dava forza allora ed oggi me ne dà già solo il ricordo. In piccola misura, in un sorso, mi piace credere che farà bene anche al nostro paese [?]