Roberto Saviano è stato ad Amici. Proprio così, è andato ospite alla trasmissione super trash ed iper demente di Maria de Filippi. Inizialmente non avevo ben capito perché. Appena ho saputo di questa notizia pensavo si trattasse di una bufala, un simpatico scherzo di qualche balordo della rete. Poi mi sono accorto che ne parlavano tutti i giornali e che quindi era vero.
Non ho avuto il coraggio di guardarlo in tv. A parte il fatto che proprio non ne ho tv, quindi sarebbe stato comunque impossibile. Ho avuto dei brividi di ripudio quando ho pensato di vederlo online, su YouTube. Non ce la faccio proprio. E’ più forte di me. Amici proprio no. Maria de Filippi sta a me come la kryptonite sta a Superman. Così ho letto l’intervento per iscritto, provando a immaginare che parlasse con me e non con un cumulo di ragazzi con lo “spessore intellettuale di una cicogna”.
Ho scoperto che Amici ha avuto il record di ascolti (36% di share, a mezzanotte di sabato) e che Saviano ha parlato con il suo stile un po’ noioso di un tema molto delicato e importante: l’immigrazione. L’ha fatto ad un pubblico che ha maturato una coscienza poco critica sull’argomento, traviata dalla brutta informazione del nostro Paese, che ci fa credere che sia in corso un’invasione di gente scellerata e terrorista dai colori bruni, quando invece abbiamo le percentuali di immigrati più basse di tutti i Paesi più ricchi d’Europa.
Con Salvini che imperversa ovunque sugli schermi, a qualsiasi ora e in qualsiasi programma (fra un po’ lo troverete che fa un’invasione di campo nella finale di Champions o che fa una comparsa in un film hollywoodiano), è davvero difficile smontare, scalfire l’idea che l’italiano medio ha del migrante. Eppure Saviano l’ha fatto e c’è riuscito.
Cercando di mettere da parte il mio snobismo, credo che l’autore di Gomorra abbia avuto ragione ad andare, ha fatto una cosa utile e giusta. Ha parlato a tantissimi ragazzi di storie di tragedie di migrazione, di speranze, di futuro, di mondo reale. Un mondo sconosciuto a quella platea che forse non ha mai aperto un libro o visto un film che parlasse a modo di questo problema.
In più, nel finale, ha anche citato Piero Calamandrei e il suo passaggio sul senso della Resistenza per il nostro Paese, facendo un parallelismo con le speranze e i sogni di quei ragazzi che lasciano la propria terra per avventurarsi, rischiando la vita, in un posto estraneo e sempre meno accogliente. Così come per la migrazione, penso che ad Amici non avessero molta dimestichezza con la lotta partigiana.
Questo il passaggio di Calamandrei: “Essi sono morti senza retorica, senza grandi frasi, con semplicità, come se si trattasse di un lavoro quotidiano da compiere: il grande lavoro che occorreva per restituire all’Italia libertà e dignità. Di questo lavoro si sono riservati la parte più dura e più difficile; quella di morire, di testimoniare con la resistenza e la morte la fede nella giustizia. A noi è rimasto un compito cento volte più agevole; quello di tradurre in leggi chiare, stabili e oneste il loro sogno di una società più giusta e più umana, di una solidarietà di tutti gli uomini, alleati a debellare il dolore. Non dobbiamo tradirli”.
Con questo è tutto, alla prossima settimana.
“Oltre Fiumara. Rubrica settimanale che apre uno spiraglio tra le cinta murarie del borgo, per far passare qualche notizia fuori dal comune.”